68 anni fa: il 27 gennaio 1945 il campo di sterminio di Auschwitz viene liberato dall’Armata rossa

Auschwitz BirkenauL’ex Obersturmbannführer, tenente colonnello delle SS, Rudolf Höss, che per tre anni e mezzo, continuativamente, aveva diretto il campo di sterminio di Auschwitz e che quindi, a buon conto, può essere considerato il comandante di Auschwitz, fu consegnato dagli inglesi alla Polonia il 25 maggio 1946: la Procura di Stato aveva istituito il Supremo Tribunale polacco del popolo per giudicare diversi criminali di guerra fra i quali il dottor Curt von Burgsdorff, ex sottosegretario di Stato per l’amministrazione del Protettorato di Boemia e Moravia, il segretario di Stato dottor Josef Bühler, ex deputato del Governatorato Generale di Cracovia (poi condannato a morte a Varsavia il 20 luglio 1948) e lo Sturmbannführer, maggiore delle SS, Amon Leopolt Göth, diretto responsabile della «liquidazione» del ghetto di Cracovia nel marzo 1943 e più tardi comandante del campo di concentramento per ebrei di Plaszow (condannato a morte il 5 settembre 1946).
Contro Höss, detenuto nelle carceri di Cracovia, il Supremo Tribunale del popolo elevò le proprie accuse di genocidio e delitti contro l’umanità. Ricevuti i documenti del Tribunale, Höss preparò la sua difesa con l’avvocato d’ufficio mentre dal settembre 1946 al gennaio 1947 alcuni giudici, a turno, condussero su di lui una approfondita istruttoria.
Il processo pubblico si tenne a Varsavia a partire dall’11 marzo 1947. L’aula era una grande stanza al secondo piano del Palazzo di Giustizia; l’imputato sedeva su uno scranno quadrato ai piedi della pedana dove si trovava il Tribunale. Davanti aveva un microfono; una cuffia ricevente gli assicurava l’ascolto in traduzione simultanea di quanto veniva detto in polacco nell’aula.
L’accusatore pubblico, Smorsky, diede lettura della sentenza di rinvio a giudizio e di tutti gli atti che erano stati compiuti con l’imputato, compreso un lungo sopralluogo, durato sei giorni, nell’ex campo di sterminio di Auschwitz. Dopo l’atto d’accusa Höss chiese immediatamente la parola che gli venne concessa:
« Io solo sono responsabile di tutto quello che è avvenuto ad Auschwitz – disse -. I miei subordinati non sono in causa. Desidero soltanto rettificare alcuni fatti di cui vengo personalmente accusato ».
Presidente: «Parlerete al momento opportuno. Sedetevi».
Cancelliere (all’imputato): «Nome e cognome ».
Höss: «Mi chiamo Rudolf Franz Xavier Höss».
Cancelliere: «Dove e quando siete nato?».
Höss: «A Baden, nel 1900».
Accusatore pubblico (rivolto a Höss): «Imputato voi avete reso una dichiarazione giurata su richiesta dell’accusa al Tribunale di Norimberga nel 1946? ».
Höss: «Sì, è vero».
Accusatore pubblico: « Chiedo che all’imputato sia mostrata la traduzione del documento 3868-PS, che è stato archiviato a Norimberga come “Exibit Usa 819” ».
Accusa: «Dica l’imputato se questa dichiarazione l’ha firmata volontariamente ».
Höss (l’osserva): «Sì».
Accusa: «E la dichiarazione risponde al vero sotto ogni aspetto?».
Höss: «Sì, signore, naturalmente».
Accusa: «Avete sott’occhio una copia in tedesco della dichiarazione e volete seguirmi mentre la leggo?».
Höss: «Sì, certo».
Accusa: « Ometto il paragrafo 1 e comincio col paragrafo 2. “Sono stato adibito all’amministrazione di campi di concentramento, a partire dal 1934. Ho prestato servizio a Dachau fino al 1938, poi a Sachsenhausen, come aiutante, fino al primo maggio 1940, allorché fui nominato comandante di Auschwitz. Diressi Auschwitz fino al 7 dicembre 1943 e ritengo che almeno 2.500.000 detenuti furono sterminati col gas e i loro corpi bruciati, mentre altro mezzo milione morì di fame e malattie, portando il totale a circa 3.000.000. La cifra corrisponde a circa il 70-80 per cento delle persone avviate ad Auschwitz, mentre le altre sono state selezionate e usate per i lavori forzati nelle fabbriche annesse al campo. Tra gli uccisi e cremati vi furono circa 20.000 prigionieri di guerra russi, in precedenza prelevati dai campi di detenzione per opera della Gestapo. Questi russi furono portati ad Auschwitz da treni della Wehrmacht, condotti e scortati da soldati e ufficiali regolari della Wehrmacht. Tra le vittime sono da annoverare anche circa 100.000 ebrei tedeschi e un gran numero di cittadini, per lo più ebrei, di Olanda, Francia, Belgio, Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Grecia e d’altri paesi. Nella sola estate del 1944 sterminammo ad Auschwitz 400.000 ebrei ungheresi”. Ci dica l’imputato Höss se questo corrisponde al vero».
Höss: «Sì, è vero».
Accusa: «Al paragrafo 4 si legge: “Le esecuzioni in massa per mezzo di gas cominciarono nell’estate 1941 e continuarono fino all’autunno 1944. Personalmente, sovrintendetti alle esecuzioni di Auschwitz fino al primo dicembre 1943; e so, in ragione dei compiti che svolsi in seguito quale ispettore dei campi di concentramento, che le esecuzioni in massa continuarono come prima. Tutte le esecuzioni in massa per mezzo del gas furono compiute su preciso ordine e sotto la responsabilità e con la supervisione dello RSHA. Ricevetti gli ordini relativi a tali esecuzioni direttamente dallo RSHA”. Anche queste dichiarazioni rispondono al vero?».
Höss: «Sì».
Accusa: « Leggo ancora al paragrafo 5. “Il 1° dicembre 1943 divenni capo dello Amt 1 dell’Amtgruppe D dello WVHA (Ispettorato dei campi di concentramento) e in tale veste fui responsabile del coordinamento delle questioni che fossero sorte tra lo RSHA e i campi di concentramento amministrati dallo WVHA. Mantenni quest’incarico fino alla fine della guerra; Pohl, capo dello WVHA, e Kaltenbrunner, capo dello RSHA, ebbero con me colloqui e scambi epistolari in merito ai campi di concentramento”. Poiché l’imputato Höss ci ha già riferito a voce del suo colloquio con Himmler a Berlino, ometterò momentaneamente il resto del paragrafo 5».
Anelli e denti d’oro tolti ai cadaveri
Accusa: «Leggerò adesso il paragrafo contraddistinto dal numero 6. Esso dice: “La ‘soluzione finale del problema ebraico’ implicava lo sterminio totale di tutti gli ebrei d’Europa. Mi fu ordinato di creare ad Auschwitz delle installazioni di sterminio, e ciò nel giugno 1941. In quell’epoca erano già in funzione nel Governatorato Generale (Polonia) tre altri campi di sterminio: Belzek, Treblinka e Wolzek. Questi campi erano affidati all’Einsatzkommando della Polizia di sicurezza e dello SD. Visitai Treblinka per rendermi conto di come vi si procedesse agli stermini. Il comandante del campo di Treblinka mi disse che, nel corso di sei mesi, aveva liquidato 80.000 persone, e aggiunse che egli s’occupava soprattutto della liquidazione degli ebrei del ghetto di Varsavia. Usava il monossido di carbonio, ma non mi parve che il metodo fosse molto efficiente. Così, quando costruii ad Auschwitz le installazioni di sterminio, ricorsi al Zyklon B, acido prussico in cristalli, che veniva lasciato cadere nella camera della morte da una piccola apertura.
Ci volevano da tre a quindici minuti per uccidere i detenuti rinchiusi nella camera della morte, a seconda delle condizioni climatiche.
Constatavamo che avevano smesso di vivere allorché le loro grida cessavano. Di solito attendevamo mezz’ora, prima di aprire le porte e rimuovere i cadaveri. Una volta rimossi i cadaveri, i nostri Kommandos speciali toglievano alle salme gli anelli e i denti d’oro”. Dica l’imputato Höss se quanto ho letto corrisponde al vero».
Höss: «Sì, corrisponde ».
Accusa: «Per inciso, ci sa dire l’imputato che cosa veniva fatto con l’oro ricavato dai denti estratti ai morti? ».
Höss: « Sì, sì, so benissimo quello che ne veniva fatto … ».
Accusa: «Ho capito ma vuole ora dirlo al Tribunale? ».
Höss (rivolto ai giudici, alzando una mano): «Quest’oro veniva fuso e poi spedito all’Ufficio medico centrale delle SS di Berlino».
Più efficienti che a Treblinka
Accusa (riprendendo il documento iniziale): « Leggo il paragrafo 7. “Un altro miglioramento che apportammo alle nostre installazioni rispetto a Treblinka, fu la costruzione di camere a gas capaci di accogliere duemila persone alla volta, mentre le dieci camere a gas di Treblinka non potevano accogliere tutte assieme più di duecento persone. Per scegliere le nostre vittime ci comportavamo nella seguente maniera: avevamo in servizio presso di noi ad Auschwitz due medici SS, incaricati di esaminare i trasporti di prigionieri in arrivo. I prigionieri dovevano sfilare davanti a uno dei medici, il quale all’istante prendeva le sue decisioni. Quelli abili al lavoro venivano fatti entrare nel campo, gli altri erano spediti immediatamente agli impianti di sterminio. I ragazzi in tenera età venivano invariabilmente sterminati perché inadatti al lavoro. Un altro passo avanti rispetto a Treblinka, consistette nel fatto che a Treblinka le vittime quasi sempre sapevano che sarebbero state sterminate, mentre ad Auschwitz noi tentavamo d’ingannarle e di far loro credere che sarebbero state sottoposte a spidocchiamento”». A questo punto l’accusatore pubblico presenta una registrazione dell’interrogatorio al quale Höss, nell’aprile-maggio 1946, venne sottoposto come testimone nel processo di Norimberga dall’avvocato Kauffmann nella sua qualità di difensore dell’ex capo del RSHA, Ernst Kaltenbrunner. Ecco il verbale dell’interrogatorio:
Kauffmann: « Col consenso del Tribunale, vorrei ora interrogare Höss ».
Presidente: «Bene. Venite, testimone. Come vi chiamate? ».
Höss: « Rudolf Ferdinand Höss ».
Presidente: « Ripetete con me: “Giuro davanti a Dio onnipotente e onnisciente di dire tutta la verità, nient’altro che la verità” ».
Höss (ripete in tedesco la formula del giuramento).
Presidente: « Sedetevi ».
Kauffmann: «Faccio presente al teste che le sue dichiarazioni sono della massima importanza. Voi siete forse l’unico il quale può far luce su certi aspetti oscuri, e il quale possa dire chi ha impartito gli ordini per lo sterminio degli ebrei europei, nonché dire come questi ordini sono stati eseguiti e fino a che punto l’esecuzione fosse un segreto ».
Presidente: «Dottor Kauffmann, vuole procedere all’interrogatorio del teste? ».
Kauffmann: «Sissignore (rivolto al teste): Dal 1940 al 1943 siete stato comandante del campo di Auschwitz. È vero? ».
Höss: « Sì ».
Kauffmann: «Durante tale periodo, centinaia di migliaia di esseri umani vi furono messi a morte. È così? ».
Höss: « Sì ».
Kauffmann: «È vero che voi stesso non avete tenuto un’esatta contabilità del numero di tali vittime, perché vi era stato proibito di farlo? ».
Höss: « Sì ».
Kauffmann: « Ed è vero anche che un uomo, a nome Eichmann, teneva l’esatta contabilità, e che questo Eichmann era l’uomo il quale aveva il compito di raccogliere e avviare le vittime al campo di Auschwitz? ».
Höss: « Sì ».
Kauffmann: « È anche vero che Eichmann vi ha detto che ad Auschwitz in totale sono stati sterminati più di due milioni di ebrei? ».
Höss: « Sì ».
Kauffmann: «Uomini, donne e bambini? ».
Höss: « Sì ».
Kauffmann: «In quale periodo siete stato comandante di Auschwitz? ».
Höss: « Sì, dal maggio 1940 al dicembre 1943 ».
Kauffmann: « Quale fu il numero massimo di esseri umani detenuti nello stesso periodo ad Auschwitz? ».
Höss: « Il numero massimo di internati contemporaneamente detenuti ad Auschwitz fu di 140.000 uomini e donne circa ».
Kauffmann: «Volete dirci se corrisponde al vero che il campo di Auschwitz era completamente isolato, descrivendoci le misure intraprese per assicurare la segretezza della esecuzione dell’ordine?».
Höss: «Il campo di Auschwitz distava circa 3 chilometri dal centro abitato. Circa 30.000 acri di campagna erano stati evacuati dagli abitanti e nell’area potevano mettere piede soltanto le SS o gli impiegati civili muniti di speciali lasciapassare. Il complesso chiamato Birkenau, dove più tardi fu costruito il campo di sterminio, era situato a due chilometri di distanza dal campo di Auschwitz vero e proprio. Quanto alle installazioni del campo, o per meglio dire quelle provvisorie, usate in un primo tempo, erano nel cuore dei boschi e invisibili dall’esterno. A parte questo, l’area era stata dichiarata zona militare, e neppure i membri delle SS privi di uno speciale lasciapassare potevano mettervi piede ».
Kauffmann: « Poi cominciarono ad arrivare i trasporti, vero? In quale periodo arrivarono e quante persone circa erano in ciascuno di essi? ».
Höss: «Durante l’intero periodo, fino al 1944, a diversi intervalli furono portate a termine, in alcuni paesi europei, certe operazioni, per cui non si può parlare di un afflusso continuo di trasporti in arrivo. Si trattava di periodi critici che duravano da quattro a sei settimane, e durante i quali arrivarono ogni giorno da due a tre treni di circa duemila persone l’uno. Tali treni erano in primo luogo allineati alla stazione di Birkenau, e le locomotive staccate e fatte ripartire. Il personale di scorta che aveva accompagnato i trasporti doveva lasciare immediatamente il sito, e i detenuti venivano presi in forza dai guardiani del campo. Essi quindi erano esaminati da due ufficiali medici SS per ciò che riguardava la loro abilità al lavoro. Gli internati abili al lavoro venivano immediatamente avviati ad Auschwitz o a Birkenau, gli altri erano portati alle installazioni provvisorie, poi ai crematori che ne presero il posto ».
Kauffmann: « Durante un interrogatorio cui vi ho sottoposto l’altro giorno, mi diceste che erano circa sessanta gli uomini incaricati di accogliere i trasporti, e che questi sessanta erano anch’essi legati allo stesso segreto cui avete fatto cenno. Siete anche oggi dello stesso avviso? ».
Höss: « Sì, questi sessanta uomini erano sempre a disposizione per portare gli internati inabili al lavoro alle installazioni che ho detto. Si trattava di un gruppo composto da circa dieci ufficiali e sottufficiali, nonché di medici e personale medico, e a ognuno dei suoi componenti era stato imposto, a voce e per iscritto, l’osservazione del più stretto riserbo su tutto ciò che avveniva al campo ».
Kauffmann: «Poteva un estraneo che vedesse arrivare questi trasporti capire da qualche segno che i detenuti chiusi nei vagoni sarebbero stati uccisi, oppure questa possibilità era esclusa, dal momento che ad Auschwitz arrivava sempre un numero straordinariamente cospicuo di convogli carichi di derrate e materiali? ».
Höss: «Un osservatore il quale non potesse tenere una particolare contabilità non avrebbe potuto farsi una idea esatta della situazione, in primo luogo perché arrivavano non solo trasporti di gente destinata allo sterminio, ma anche e di continuo convogli di internati che venivano adibiti al lavoro nel campo. Inoltre, dal campo partivano anche in numero notevole convogli di internati avviati al lavoro esterno o di prigionieri che venivano scambiati.
I vagoni erano accuratamente chiusi, per cui non era possibile dall’esterno vedere cosa contenevano. Senza contare che ogni giorno arrivavano al campo cento vagoni di materiali, viveri e simili, e circa altrettanti partivano dalle officine del campo, nelle quali si fabbricavano materiali bellici ».
Kauffmann: «Himmler ispezionò personalmente il campo e assistette al procedimento di sterminio?».
Höss: «Sì. Himmler visitò il campo nel 1942 e seguì da vicino una delle operazioni dal principio alla fine ».
Kauffmann: « Sì può dire lo stesso di Eichmann? ».
Höss: «Eichmann venne più volte ad Auschwitz ed era perfettamente al corrente del procedimento».
Terminata l’audizione del testo registrato dell’interrogatorio e ascoltati alcuni testimoni tedeschi, che confermarono i ruoli ricoperti da Höss nell’amministrazione dei campi di concentramento, l’accusa fece proiettare in aula un film-documentario girato dai sovietici nel campo di concentramento di Auschwitz l’indomani del loro arrivo, 19 gennaio 1945: i mucchi di cadaveri ancora da incenerire, le scene dei moribondi, gli interni delle baracche commossero e sconvolsero giudici e pubblico. Höss tenne sempre gli occhi bassi.
Nell’udienza successiva il Pubblico Ministero Smorsky completò l’interrogatorio dell’imputato per quanto riguardava gli orrori di Auschwitz, cominciando dal momento in cui Höss – su incarico del Reichsführer-SS Himmler – si era occupato attivamente della “soluzione finale del problema ebraico”.
Himmler gli affidò il comando di Auschwitz
Accusatore pubblico: « Imputato Höss, come diventò comandante di Auschwitz? ».
Höss: « Nell’estate 1941, al momento non potrei riferire la data esatta, venni improvvisamente convocato a Berlino presso il Reichsführer tramite il suo aiutante. Contrariamente al solito, Himmler mi ricevette senza che fosse presente nessun aiutante e mi disse sostanzialmente quanto segue: “Il Führer ha dato ordine di procedere alla soluzione definitiva del problema ebraico, e noi SS dovremo eseguire l’ordine. I centri di sterminio attualmente in funzione nei territori orientali non sono nel modo più assoluto in condizione di far fronte alle colossali azioni previste. Ho scelto perciò Auschwitz, in primo luogo per la sua ottima posizione dal punto di vista delle comunicazioni, poi perché il territorio a esso appartenente può essere facilmente isolato e camuffato. Per tale compito, avevo pensato di scegliere un alto ufficiale delle SS; ma per evitare le difficoltà iniziali dovute all’incompetenza, ho poi abbandonato l’idea, e il compito sarà affidato a lei. Si tratta di un lavoro duro e difficile, che richiede un impegno totale, in vista delle difficoltà future” ».
Accusatore pubblico: «Questo fu tutto quello che le disse Himmler? ».
Höss: « No, no, mi parlò a lungo. Mi spiegò, in sostanza, che avrei avuto tutti gli altri particolari dallo Sturmbannführer Eichmann dello RSHA che avrebbe mandato da me al più presto. E aggiunse: “Tutti gli uffici che in un modo o nell’altro saranno partecipi di tale compito verranno da me informati a tempo debito. Lei ha l’obbligo di mantenere la più assoluta segretezza riguardo quest’ordine e ciò anche con i suoi superiori. Dopo che avrà parlato con Eichmann, mi mandi immediatamente i piani delle installazioni previste” ».
Accusatore pubblico: «Quale fu l’inizio della “soluzione finale”? ».
Höss: « Non saprei stabilire in quale periodo cominciò lo sterminio degli ebrei, probabilmente cominciò già nel settembre 1941, ma forse anche soltanto nel gennaio 1942. La prima operazione riguardò gli ebrei dell’Alta Slesia orientale che, arrestati dalla polizia di Kattowitz, furono condotti per ferrovia a una deviazione sul lato occidentale della linea Auschwitz-Dziedzice, e quivi fatti scendere. Per quanto mi ricordo, questi trasporti non comprendevano mai più di mille persone ». Accusatore pubblico: «E poi che cosa accadeva? ».
Höss: « Sulla banchina la polizia consegnava i prigionieri a un distaccamento del campo; divisi in due gruppi, venivano quindi condotti dai Lagerschütze fino all’installazione di sterminio chiamata comunemente bunker. I bagagli erano lasciati sulla banchina, e in seguito trasportati al reparto selezione, chiamato “Canada”. Giunti presso il bunker, gli ebrei erano costretti a spogliarsi e si diceva loro che sarebbero stati avviati al reparto disinfestazione. Le camere a gas, cinque in tutto, venivano riempite di prigionieri, le porte, a prova di gas, richiuse, e, attraverso appositi fori, immesso il contenuto dei recipienti di gas ».
Accusatore pubblico: «Chi riempiva le celle di morituri? ».
Höss: « Ecco, vede, signore; dopo una mezz’ora le porte venivano riaperte (ogni stanza ne aveva due), i morti estratti e, mediante una piccola ferrovia “Decauville”, portati alle fosse. Gli autocarri provvedevano a trasportare i capi di vestiario al reparto selezione. L’intero complesso di operazioni, dalla svestizione al riempimento dei bunker, al loro svuotamento, al trasporto dei cadaveri, allo scavamento delle grandi fosse comuni che poi venivano riempite di cadaveri, era compiuto da un reparto di ebrei alloggiati separatamente e che, secondo una disposizione di Eichmann, dovevano essere a loro volta sterminati. Mentre si effettuavano i primi trasporti, pervenne un ordine di Himmler, secondo il quale bisognava estrarre ai cadaveri i denti d’oro e tagliare i capelli alle donne. Anche questo lavoro veniva compiuto dagli ebrei del Sonderkommando (comando speciale) ».
Accusatore pubblico: « In che periodo aumentarono i massacri? ».
Höss: « Mentre nella primavera 1942 le azioni avevano ancora una portata ridotta, durante l’estate i trasporti cominciarono a farsi più cospicui, e fummo costretti a costruite un’altra installazione di sterminio. Scegliemmo e attrezzammo convenientemente, a tale scopo, l’edificio di una fattoria posta a occidente dei futuri crematori II e IV, mentre per la svestizione si eressero due baracche presso il primo bunker e tre presso il secondo bunker. Il secondo bunker era più capace poiché poteva contenere circa 1200 persone. Fino a tutta l’estate del 1942 i cadaveri vennero gettati nelle grandi fosse comuni, e fu solo verso l’inizio dell’autunno che cominciammo a cremarli: dapprima su una catasta di legna (circa 2000 cadaveri per volta), quindi nelle fosse, assieme ai cadaveri del primo periodo, riesumati. Dapprima i cadaveri furono cosparsi di residui di benzina, più tardi di alcool metilico. La cremazione avveniva senza interruzione né di giorno né di notte ».
Accusatore pubblico: « Una vera e propria industria della morte. Ma quali erano stati gli ordini, chi li aveva impartiti? ».
Höss: « L’ordine di Himmler, quale ci era stato comunicato in origine dall’ufficio di Eichmann, prescriveva di sterminare senza eccezione tutti gli ebrei condotti ad Auschwitz. Così infatti avvenne per gli ebrei dell’Alta Slesia; ma già in occasione dell’arrivo dei primi trasporti di ebrei tedeschi, fu data disposizione di scegliere i giudei, uomini e donne, abili al lavoro, e di impiegarli nelle fabbriche d’armi. Questo accadeva prima della creazione del campo femminile, che si rese necessario appunto per eseguire il suddetto ordine ».
Accusatore pubblico: «Secondo lei, quante furono le vittime di Auschwitz? ».
Höss: «In interrogatori precedenti ho fatto ammontare a due milioni e mezzo il numero di ebrei condannati ad Auschwitz per essere sterminati. Questa cifra è stata fornita da Eichmann, il quale la comunicò a Glücks, mio superiore gerarchico, quando questi fu chiamato a rapporto da Himmler, poco prima che Berlino venisse accerchiata. Eichmann e il suo sostituto permanente, Günther, erano i soli in possesso dei dati necessari per calcolare la cifra totale degli ebrei uccisi. Dopo ogni azione più in grande, per ordine dei Reichsführer, venivano distrutte tutte le informazioni che avrebbero potuto servire a calcolare la cifra delle vittime di Auschwitz ».
Accusatore pubblico: « L’SS Eichmann che cosa ne pensava di quello sterminio? ».
Höss: « Ebbi molte discussioni particolareggiate con Eichmann relative a tutte le questioni connesse con la “soluzione definitiva del problema ebraico”, senza però svelargli mai le mie interne ansietà. Tentai in ogni modo di scoprire le più intime e vere convinzioni di Eichmann circa tale “soluzione”».
Accusatore pubblico: «Perché Eichmann aveva tanto potere in seno alla questione ebraica? Lei ha mai cercato di saperlo? ».
«Eichmann sapeva tutto degli ebrei, gli usi, i costumi, la storia … »
Höss: « Spesso, io e lui, ci trovavamo assolutamente soli e bevevamo abbondantemente, per cui Eichmann giungeva spesso al massimo della sua espansività. Egli era completamente posseduto dall’idea di distruggere ogni ebreo sul quale riuscisse a metter mano. Senza pietà alcuna, a sangue freddo, avremmo dovuto compiere tale sterminio con la maggior rapidità possibile. Qualunque compromesso, per piccolo che fosse, sarebbe poi stato pagato amaramente.
Eichmann si era occupato della questione ebraica fin dalla giovinezza, ed aveva un’approfondita conoscenza della letteratura relativa. Conosceva tutti i luoghi di residenza degli ebrei, nonché il loro numero approssimativo, che costituiva un segreto anche per gli ebrei stessi. Conosceva anche le abitudini e le costumanze degli ebrei ortodossi, nonché le concezioni degli ebrei assimilati dall’occidente. Era a causa della sua particolare preparazione, appunto, che era stato messo a capo della sezione giudaica ».

Accusatore pubblico: «Com’era Eichmann, voglio dire, com’era di persona ».
Höss: « Eichmann venne a trovarmi ad Auschwitz per discutere i particolari del procedimento di sterminio. Eichmann era un uomo vivace, sulla trentina, sempre sprizzante energia. Andava macchinando continuamente nuovi piani, e senza posa era alla ricerca di innovazioni e miglioramenti. Non era assolutamente capace di riposo, ossessionato com’era dalla questione ebraica e dall’ordine che era stato emanato di addivenire alla soluzione definitiva ».
Accusatore pubblico: «Eichmann si recava spesso da Himmler? ».
Höss: «Eichmann doveva fare continui rapporti al Reichsführer SS, direttamente a voce, riguardo la preparazione e l’attuazione delle singole azioni. Egli era l’unico in grado di fornire le cifre esatte degli individui colpiti. Riteneva a memoria quasi ogni cosa. I suoi appunti consistevano in foglietti che si portava sempre dietro, coperti di segni incomprensibili agli altri ».
Accusatore pubblico: «Ad Auschwitz ci sono mai stati tentativi di sommossa, di rivolta, fra i condannati alle camere a gas? ».
Höss: « No, qualcosa ma niente di grave. Nella primavera 1942 gli ebrei vennero portati dalla banchina della stazione alla fattoria, il bunker 1, attraverso i prati dove più tardi sarebbe sorto il settore numero 2. La colonna era guidata da Aumeier e Palitzschy e da alcuni dei capi-block. Costoro parlavano con gli ebrei del più e del meno, chiedendo delle loro attività e commerci, allo scopo di vincere i sospetti. Arrivati al bunker, si ordinò loro di svestirsi. I primi di essi entrarono con calma nei locali, in cui supponevano che sarebbero stati sottoposti a disinfestazione, ma in breve alcuni diedero segni d’allarme, e parlarono di gassazione, di sterminio. Si manifestò così all’improvviso un’atmosfera di panico, ma subito quelli che erano ancora fuori vennero spinti nelle camere, e le porte sbarrate. Per i trasporti successivi, si provvide in tempo a individuare gli elementi più irrequieti per poterli tener d’occhio. Se si verificavano disordini, gli elementi turbolenti venivano trascinati dietro l’edificio senza dar nell’occhio, e uccisi con armi di piccolo calibro, perché gli altri non si accorgessero di nulla ».
Accusatore pubblico: «Che cosa faceva il Sonderkommando? ».
Höss: « Era della massima importanza che tutta l’operazione dell’arrivo e della svestizione avvenisse in tutta calma, che non ci fossero grida, né eccitazione. Se qualcuno non voleva spogliarsi, dovevano intervenire ad aiutarlo altri che già l’avevano fatto oppure quelli del Sonderkommando. I più ostinati venivano placati e persuasi con le buone maniere a spogliarsi. I prigionieri del Sonderkommando badavano anche a che l’operazione procedesse con la maggiore rapidità, perché le vittime non avessero tempo per meditare su quanto sarebbe accaduto ».
Accusatore pubblico: «Perché ricorrevate ai Sonderkommandos? ».
Höss: «Per misure di sicurezza. Anche se non credevano ai militi delle SS, i deportati dovevano pur avere fiducia nella gente della loro stessa razza (infatti i Sonderkommandos, appunto per infondere tranquillità, erano composti sempre di ebrei provenienti dalle stesse regioni in cui erano in corso volta per volta le deportazioni). I deportati chiedevano della vita del campo, e di solito s’informavano su conoscenti o familiari giunti con trasporti precedenti. Erano interessanti la capacità di mentire degli ebrei del Sonderkommando e i gesti enfatici con cui sottolineavano le proprie parole ».
Accusatore pubblico: «Perché molte donne deportate, appena entrate nel lager, tentavano di nascondere i loro bimbi in mezzo agli stracci? ».
Höss: «Gli uomini del Sonderkommando vigilavano particolarmente su questo e spendendo parole d’incoraggiamento, finivano per persuadere le donne a riprendersi i bambini. Le donne credevano che la disinfestazione fosse nociva per i loro piccoli, e per questo li nascondevano. I bambini in più tenera età di solito piangevano durante la svestizione, impressionati dal fatto che la cosa avvenisse in quel modo, ma le madri, o quelli del Sonderkommando, parlavano loro dolcemente, e allora si calmavano ed entravano tranquillamente nelle camere a gas, giocando tra loro e portandosi dietro i giocattoli. Ho notato donne che intuivano o sapevano ciò che le attendeva, e che, pur col terrore della morte visibile nei loro stessi occhi, trovavano la forza di scherzare coi figli e di incoraggiarli».
Accusatore pubblico: «Non sentivate pietà almeno per i bambini? ».
Höss: « Certamente. Ma era nostro dovere, era nostro compito, non potevamo trasgredire all’ordine ricevuto. Ricordo che una volta, una donna, passandomi davanti, mi si avvicinò e mi sussurrò, indicandomi i suoi quattro figli, che aiutavano fraternamente i più piccini a procedere sul terreno accidentato: “Dove trovate il coraggio di ammazzare questi bambini così belli e cari? Non avete un cuore in petto?”. Un altro, un vecchio, passandoci accanto, sibilò: “La Germania sconterà a caro prezzo quest’assassinio in massa degli ebrei”. I suoi occhi, nel dirlo, ardevano di paura, pure entrò coraggiosamente nella camera a gas, senza curarsi degli altri. Ma soprattutto mi colpì una giovane donna, che si dava da fare correndo di qua e di là, aiutando i bambini e le vecchie a spogliarsi. Durante la selezione, l’avevo vista con accanto due bambini, e mi aveva colpito la sua agitazione e in generale il suo aspetto. Non sembrava affatto una ebrea. Ora non aveva più accanto a sé i suoi bambini. Attese fino all’ultimo, aiutando a spogliarsi le donne che avevano parecchi bambini con loro, incoraggiandole e calmando i piccoli. Entrò nella camera a gas con gli ultimi. Sulla porta si fermò e disse: “Ho saputo fin dal principio che ad Auschwitz saremmo stati gassati. Quando avete fatto la selezione, ho evitato di essere messa tra gli abili al lavoro perché volevo seguire i bambini, volevo compiere quest’esperienza in piena coscienza. Spero che presto tutto sarà finito. Addio” ». Accusatore pubblico: « Quali generi di “incidenti” accadevano durante le selezioni davanti alle camere a gas?».
Anche il burocrate dello sterminio ha una famiglia
Höss: « Talvolta accadeva che delle donne, mentre si spogliavano, dessero all’improvviso in grida terribili, si strappassero i capelli, avessero crisi isteriche. Venivano immediatamente prese e portate dietro l’edificio e spacciate con un colpo alla nuca mediante arma di piccolo calibro. Avveniva anche che, nel momento in cui quelli del Sonderkommando lasciavano la camera a gas, le donne intuissero all’improvviso ciò che stava per accadere, e gridassero loro dietro tutte le maledizioni possibili. Mi ricordo anche di una donna che, mentre si stava per chiudere le porte, cercò di spinger fuori i figli, e gridava piangendo: “Lasciate in vita almeno i miei bambini”! Vi furono molte di queste scene commoventi, e colpivano chiunque vi assistesse. Nella primavera 1942, centinaia di uomini e donne nel fiore degli anni andarono così alla morte tra i frutteti in fiore della fattoria, nelle camere a gas, senza sospettare di nulla. Quell’immagine di vita e di morte rivive ancor oggi nitidamente davanti ai miei occhi ».
Nell’aula si fece improvvisamente silenzio; i giudici, il pubblico e i rappresentanti della stampa capirono che l’interrogatorio, forse, era giunto al momento cruciale.
Accusatore pubblico: « Siete padre di famiglia? ».
Höss: « Sì ».
Accusatore: « E amate i vostri figli? ».
Höss: « Certo ».
Accusatore: « In mezzo a quello sterminio, a quelle scene dantesche, non provavate mai personalmente pietà, pensando ai vostri familiari e ai vostri bambini? ».
Höss: « Sì ».
Accusatore: « E come facevate a compiere tali azioni, nonostante la pietà che provavate? ».
Höss: «Malgrado i dubbi che io potessi avere, l’argomento esclusivo e definitivo, per me, era l’ordine rigoroso e le spiegazioni che l’avevano accompagnato, datimi dal Reichsführer-SS Himmler».
La sfilata dei testi, scelti fra centinaia di superstiti del terribile lager, non fece che confermare quanto era emerso dai nudi e crudi interrogatori dell’imputato che più volte aveva ripetuto al Tribunale: «Tutto quello che dico è vero, loro mi possono credere, io non nego nulla di quanto so, loro sanno come io sia esplicito ».
La requisitoria occupò un solo giorno e l’accusatore pubblico chiese la pena di morte, per impiccagione, del « più grande assassino dei tempi moderni ». La sentenza, che Höss ascoltò sull’«attenti», venne emessa il 2 aprile 1947, ed era conforme alle richieste dell’accusa, ma il Tribunale precisava che l’impiccagione non sarebbe avvenuta nel carcere di Varsavia ma nel campo di Auschwitz, « ad una delle tante forche che l’imputato aveva fatto drizzare per gli internati ». E così fu, il 16 aprile 1947.

Se volete approfondire la pianificazione e la lucida realizzazione della shoah potete farlo sfogliando le pagine del settimo volume dell’enciclopedia di Arrigo Petacco La seconda guerra mondiale nella biblioteca dell’Antica Frontiera.

Questa voce è stata pubblicata in 20° secolo, Seconda Guerra Mondiale e contrassegnata con , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

2 risposte a 68 anni fa: il 27 gennaio 1945 il campo di sterminio di Auschwitz viene liberato dall’Armata rossa

  1. donnie86dc ha detto:

    Vorrei dire che è stato inquietante per me leggere queste righe, nonostante abbia letto tante e tante testimonianze e abbia avuto modo di vedere coi miei occhi la tranquillità degli imputati durante i processi. Credo sarà una domanda che non riceverà mai risposta, però continuo a farmela: quanto di quell’odio espresso dai nazisti era puro, quanto indotto e quanto era l’odio apparente? Quando gli Einsatzgruppen iniziarono ad operare nei territori occupati ad est, nell’ambito della primissima fase di sterminio che finì poi sotto il nome di ‘Olocausto dei proiettili’, diversi soldati accusarono disturbi psicologici derivanti dalle continue esecuzioni. Ora, mi chiedo, l’orrore di un campo di sterminio nel quale in modo efficiente e sistematico venivano uccisi e bruciati migliaia di corpi umani non era forse una visione più disturbante di una serie di fucilazioni? Tuttavia non mi è mai capitato di leggere di guardie di uno dei campi di sterminio sofferenti per disturbi di alcun tipo. Devo dedurre, quindi, che la pazzia degli operatori nei campi di sterminio raggiunse livelli di malvagità così elevati. Credo si possa parlare chiaramente di odio ‘demoniaco’ insito nella persona: dubito che un qualsiasi indottrinamento potesse (e possa) avere effetti così sbalorditivi su un essere umano.

    • anticafrontierabb ha detto:

      Personalmente mi trovo d’accordo con le teorie espresse da Hannah Arendt nel suo libro “La banalità del male” e a tal proposito ti cito questo passaggio che si trova a pagina 113 e che considero illuminante: “Ciò che più colpiva le menti di quegli uomini che si erano trasformati in assassini, era semplicemente l’idea di essere elementi di un processo grandioso, unico nella storia del mondo (“un compito grande, che si presenta una volta ogni duemila anni”) e perciò gravoso. Questo era molto importante perché essi non erano sadici o assassini per natura; anzi, i nazisti si sforzarono sempre, sistematicamente, di mettere in disparte tutti coloro che provavano un godimento fisico nell’uccidere. (…). Perciò il problema era quello di soffocare non tanto la voce della loro coscienza, quanto la pietà istintiva, animale, che ogni individuo normale prova di fronte alla sofferenza fisica degli altri. Il trucco usato da Himmler ( che a quanto pare era lui stesso vittima di queste reazioni istintive) era molto semplice e molto efficace: consisteva nel deviare questi istinti , per così dire, verso l’io. E così, invece di pensare: che cose orribili faccio al prossimo!, gli assassini pensavano: che orribili cose devo vedere nell’adempimento dei miei doveri, che compito terribile grava sulle mie spalle!”.

Lascia un commento